Scampato pericolo per la diaspora africana in Francia: con la sconfitta di Marine Le Pen all’Eliseo, le seconde generazioni che ancora coltivano il sogno della Republique tirano un sospiro di sollievo.
Ma adesso viene il bello: con l’uscita di scena della madame nera del Front National l’Africa (non solo la diaspora africana in Francia) dovrà vedersela col male minore: un Emmanuel Macron che ha le idee molto chiare sul continente nero.
Fa mea culpa sugli errori del passato, è consapevole dei danni del colonialismo, educato formalmente al rispetto dei diritti, e per il resto: più business, più mercato, più sicurezza.
La malattia “securitaria” affligge il leader di En Marche! esattamente come tutti i suoi colleghi europei, se non di più.
Rfi Afrique dice che il neo-presidente «non farà passi indietro sulla lotta al terrorismo. L’Africa Subshariana resterà teatro delle operazioni (di respingimento e di controllo ndr.) e questo avverrà in accordo con l’Unione Africana, il G5 Sahel e il partner algerino».
Il giornale della Costa d’Avorio ipotizza che Le Drian, ministro della difesa sotto Hollande, artefice delle politiche anti-terrorismo, rimarrà al suo posto come uomo della continuità.
Le frontiere africane saranno sempre più sotto il controllo stringente dell’Unione europea, anche se nelle intenzioni di Macron l’Africa diverrà un partner economico preferenziale per la Francia.
L’inquilino dell’Eliseo in una lunga intervista al settimanale Jeune Afrique dice che la sua priorità è la lotta al terrorismo e al traffico di esseri umani «che minacciano la stabilità delle due sponde».
Il 39enne illustra pure per grandi linee la sua “nuova” rotta: visione securitaria militarizzata, basata su una stretta partnership economica con l’Africa.
«Dovremmo costruire un partenariato strategico tra le due Unioni (quella europea e quella africana) che rinnovi completamente la visione per uscire una volta per tutte dalla logica della carità e del clientelismo e perseguire una relazione politica ed economica paritaria».
Tra le righe, dunque, emerge chiara l’idea che la Cooperazione allo sviluppo in Africa ha le ore contate: che significato dare altrimenti alla locuzione “uscire dalla logica della carità”?
Il mercato prenderà sempre più il posto dell’aiuto pubblico allo sviluppo, in linea col resto d’Europa. Macron aggiunge che le sue priorità in Africa sono, in ordine d’importanza: «la sicurezza, la libertà e la responsabilità, i diritti delle donne, l’istruzione e la formazione, le infrastrutture e infine lo sviluppo del settore privato (Pmi africane che creino impiego)».
In un’altra intervista rilasciata a Le Monde Afrique, il giovane Macron assicura che abbandonerà l’idea interventista di Hollande (la guerra in Mali è stata vincente ma non si ripeterà lo schema, assicura) per puntare tutto (o molto) sull’industria e il commercio.
«Vorrei mobilitare maggiori finanziamenti sia pubblici che privati per finanziare le infrastrutture e le Pmi africane, creatrici d’impiego. E poi promuovere il ruolo delle donne, raddoppiando il finanziamento di progetti legati all’uguaglianza di genere».
Molti media africani hanno còlto bene il dato economico dietro le manifestazioni d’interesse di Macron, che peraltro non finge affatto d’essere un filantropo.
Disillusione e pragmatismo per la Benin web tv, che in un editoriale scrive: «come diceva il Generale de Gaulle “la Francia non ha amici, ha solo interessi”. Gli africani devono capire che lo Stato francese è pesantemente indebitato e che questa pesante responsabilità di riduzione del deficit fa parte del programma di Macron.
Uno degli strumenti adottati sarà il rilancio dell’economia francese tramite l’inflazione. Tutto ciò avrà come conseguenza diretta quella di trovare nuovi sbocchi per le esportazioni verso il continente africano». L’altro strumento, dice ancora il sito della televisione del Benin, è la riduzione della spesa pubblica e dunque dell’aiuto pubblico allo sviluppo.
Se due più due fa quattro: meno “carità”, meno “dono” e più business, che torni di utilità anche alla madrepatria francese.
Più controlli alle frontiere e confini blindati, in modo che si chiuda il rubinetto degli arrivi dall’Africa, ufficialmente per tenere a freno il terrorismo.
Alla Bbc l’analista politico Serge Theophile Balima ricorda che «Macron è un neo-liberale che crede nel business e nel commercio. Farà del suo meglio per aprire l’Africa agli imprenditori francesi. Questo è ovvio».
A proposito delle politiche che intenderebbe perseguire in Medio Oriente, il Mail and Gurdian versione africana lo avvicina a Trump.
«Macron ha inizialmente avuto un approccio bilanciato sulla Siria, dicendosi favorevole ad un intervento militare sotto gli auspici delle Nazioni Unite, subito dopo l’attacco chimico di Khan Sheikhoun».
Sebbene però più incline a seguire la logica del “costruiamo la pace”, che quella dell’interventismo diretto alla Trump, anche Macron non disdegna le “operazioni chirurgiche” se necessario.
Il che significa che non rinuncerà a qualche colpetto militare ben assestato qui e là, tanto per far sentire la “voce grossa” dell’Europa.