«Lei piange, impaurita. La nonna piange, triste e speranzosa. Nel dubbio piango pure io, perché so che saranno mesi di difficile adattamento, ma alla fine la bimba ci guadagnerà».
Alla fine la bambina ce la farà. Perché avrà una chance in più. Quelle che sono date a tutti i bambini del mondo. Eccetto alcuni (eccetto molti).
Crescere in una casa vera. Avere un letto. Andare a scuola. Vivere una routine.
La bimba è Olivia e la sua è una storia di resilienza. La racconta Sergio Dalla Cà di Dio, coordinatore dei progetti sociali della ong Parada a Bucarest. Che è riuscito a sottrarre questa bambina di sei anni alla miseria e all’orrore dei canali sotterranei e delle fogne di Bucarest. C’è da dire che Olivia una piccola fortuna ce l’aveva già: una famiglia che le vuole bene.
Una nonna amorevole e giovanissima (41 anni e già sei figli grandi), degli zii e una mamma (però persa nel buco nero della tossicodipendenza).
Una famiglia che nonostante l’affetto non può mantenerla in nessun modo. «Abbiamo portato la nonna, la mamma e la sorella a vedere il centro dove Olivia sarebbe andata a vivere. Un posto dignitosissimo, dove ognuno aveva un suo lettino. C’era anche una ragazza di 18 anni che è partita da condizioni simili a queste e ora sta scegliendo quale università fare…».
Ecco, forse questo dato ha stupito e convinto la famiglia più di tutto il resto.
Ma cosa sono esattamente le fogne di Bucarest e com’è possibile viverci dentro?
Perché succede che degli esseri umani – intere famiglie, vecchi, donne, bambini piccoli – si ritrovino a fare la vita dei topi tra topi veri, acqua sporca, droga, siringhe, immondizia, promiscuità e povertà? E’ un orrore. Una specie di inferno dove si finisce se non si ha un tetto sopra la testa. Se non si hanno genitori. Oppure se si è passati per uno degli orfanotrofi chiusi dopo la fine del regime di Ceausescu. Un vero e proprio girone dantesco dove fin da piccoli si sopravvive bucandosi e sniffando droghe sintetiche.
In un impressionante foto-reportage, Fabiana Cipro scrive che «la prima cosa che ti colpisce è il calore che c’è lì sotto.
Questi vecchi tunnel facevano parte del grande progetto di Ceausescu per riscaldare il centro della città. Poi l’odore, quello della vernice metallizzata, l’aurolac. E poi la musica. L’intero posto è collegato con l’elettricità, c’è un impianto stereo che pompa musica dance. Se avessero un night club all’inferno, sarebbe come questo».
Il dramma è che ci si abitua perfino all’inferno. Ci si sistema dentro alla bene e meglio, con altre persone che condividono lo stesso percorso nel tunnel e ci si organizza per avere una vita che sembra umana. Con l’aiuto degli stupefacenti, della delinquenza e della clandestinità.
“I bambini delle Fogne di Bucarest” è anche un libro di qualche anno fa, scritto da Massimiliano Frassi, che ha creato poi l’associazione Prometeo e racconta l’orrore nell’orrore della prostituzione e della pedofilia. Racconta anche l’orrore di chi finisce nelle strutture pubbliche, apparentemente “salvato” dal sistema.
«I bambini poveri finiscono ancora oggi negli orfanotrofi. I genitori sono “contenti”, convinti che lì possano mangiare, sopravvivere… invece… Invece sono luoghi deputati all’abuso, alle sevizie, alla incompetenza di chi li dovrebbe crescere. Alla morte. In Romania ancora si muore negli orfanotrofi. Per la colpa di essere bambini. Peggio se con gravi disabilità».
Dall’altra parte della barricata invece la vita sottoterra è promiscua e pericolosa. Ma si impara presto a stare a galla. Facendo quello che fanno i grandi. «Ricky, il fratello del papà di Olivia è un ragazzo buono ma indurito. A 15 anni ha già la tendenza di una persona che vive in strada. Devi crescere in fretta altrimenti non sopravvivi», dice ancora Sergio.
Osservo la foto della piccola Olivia che a sei anni sembra già una donna. C’è qualcosa nel suo sguardo e nella postura che sa di immagini viste e situazioni vissute che i bambini non dovrebbero mai vedere. «E’ una bambina affettuosissima, è una bambina piena di energia», racconta Sergio. Appunto, è una bambina. «E’ bravissima con l’hula hop – prosegue – sembra nata con il cerchio in mano ed è abilissima! Noi di Parada facciamo il circo con i ragazzi. Lei ha sempre visto tutti gli altri che usavano palline e hula hop e ha imparato».
Per fortuna quella che abbiamo raccontato è l’altra parte della storia: il successo di una ong, dei suoi volontari e di una bambina tenace.
Trasferire Olivia non è stato affatto facile perché servivano dei documenti per la mamma. Poi perché le strutture dignitose, accoglienti e affidabili per bambini senza genitori o con genitori indigenti, in Romania, sono pochissime e tutte strapiene.
Dopo aver a lungo cercato un’alternativa di vita per Olivia, finalmente gli operatori di Parada hanno intravisto la possibilità della casa famiglia dei missionari spagnoli maristi: e da qui è iniziata la rinascita. Prima la speranza. Poi la paura della famiglia. Convincere la nonna che la bambina sarebbe stata meglio fuori piuttosto che dentro.
<<Durante le prime due settimane la piccola Olivia piangeva quando doveva ritornare alla casa famiglia dopo la visita alla nonna, invece la settimana scorsa non voleva più uscire dall’istituto. A sei anni è tutto un vortice di emozioni…>>, ci spiega ancora Sergio. L’unica cosa importante è che da ora in poi vivrà in una casa. Con persone che la riempiranno di attenzioni. <<Gli inverni a Bucarest sono rigidissimi – riprende a dirci Sergio – si arriva a temperature che toccano anche i meno 20 gradi e le strutture del Comune per i senza tetto non sono adeguate: sporche e molto misere, sono peggio delle fogne>>.
Le stime sul numero di bambini che vivono ora nelle fogne cittadine variano da 500 a 2mila. Le autorità comunali ne contano 750 e hanno istituito per loro degli alloggi, ma gli alloggi pubblici, ci conferma anche Parada, sono peggio delle fogne. I bambini sono maltrattati, non mangiano e non c’è pulizia. Mentre l’accesso alla città sotterranea è solo per chi ci vive: persino la polizia non mette piede negli inferi sotto i tombini. Troppo pericoloso. Vi si annidano violenza e delinquenza senza regole. O forse con le regole stabilite da qualche clan.
Ci si eclissa dove scorrono i canali per l’acqua calda. Inabissati nei tombini che emergono sulla strada, attorno ai tubi che emanano un calore malsano come quello delle centrali, si vive. In mezzo a scarafaggi e topi. Ma almeno tutti insieme. Un’umanità di serie B. (Pubblicato su Popoli e Missione)