Per ottenere briciole di verità sul caso Giulio Regeni servirebbero pugni di ferro. Non tappeti rossi. E invece è proprio questo che accade.
Cerimoniali, foto ricordo, pranzo di gala e mini-summit col presidente Al Sisi, mentre sull’omicidio dell’accademico italiano barbaramente ucciso al Cairo, la nebbia è sempre più fitta.
Passata in secondo piano rispetto a quella dell’arrivo a sorpresa del generale Haftar, la notizia della presenza dell’egiziano Al Sisi al vertice sulla Libia di Palermo, risulta in fin dei conti quella vera.
A dimostrazione del fatto che se vuole la diplomazia italiana può spostare montagne e anche affossare i processi democratici.
In effetti c’era voluto tutto «l’impegno personale» del presidente del Consiglio Conte e «il lavoro “sotterraneo”» del ministro degli Esteri Moavero per convincere il presidente egiziano Al Sisi a prendere parte al summit di Sicilia, scrive l’Huffington Post. Cosi’, oltre ad implorare la partecipazione del generale libico Haftar, i nostri diplomatici hanno realizzato pure questa mediazione. Per fare cosa?
Ricucire rapporti molto tesi, rilanciare un messaggio d’amicizia, assicurare all’Egitto un ruolo di spicco nella ‘pacificazione’ libica.
Ma anche ribadire che l’Italia non ha preclusioni. Tanto piu’ che le attività estrattive e commerciali dell’Eni su territorio egiziano devono proseguire indisturbate.
Eppure «vedere il tappeto rosso per Al Sisi mentre quelli che cercano la verità per Giulio sono in prigione è molto deludente», ha commentato con la Repubblica, Ahmed Abdallah, presidente della Commissione egiziana per i diritti e le libertà e rappresentante della famiglia Regeni.
«Per quasi tre anni non abbiamo sentito altro che parole –ancora Abdallah- E invece abbiamo bisogno di azioni, vogliamo una cooperazione assoluta».
Constatare che viene vanificato il potere di deterrenza della Giustizia italiana non fa bene a nessuno.
Tanto meno alla credibilità del nostro Paese che è sempre più ricattabile e ignorato.
«Ora sanno che possono farla franca e che con o senza cooperare col caso Regeni potranno mantenere normali relazioni con l’Italia», conclude Abdallah.
E’ sempre esistita la tendenza a normalizzare i rapporti diplomatici con Paesi strategici.
Ma la tendenza a boicottare i processi negoziali in corso è davvero un autogol che pagheremo caro.