Khartoum, la capitale del Sudan, non esiste più: distrutte le case, i palazzi ministeriali e le infrastrutture.
I militari hanno spostato l’amministrazione a Port Sudan.
Deserte le strade, per le vie della città fantasma rimangono solo i soldati che presidiano l’area. Non ci sono più infrastrutture, nè elettricità nè acqua.
A raccontarcelo al telefono sono testimoni interni al Sudan (in questo momento fuori dal Paese), che descrivono uno scenario apocalittico dove la crisi umanitaria in più di sei mesi di conflitto ha fatto oltre 9mila morti e 5,6 milioni di sfollati.
Questi sono gli ultimi dati divulgati dalle Nazioni Unite che lo definisce «un incubo umanitario». (clicca qui)
«La guerra tra i generali rivali, la lotta per il potere tra l’esercito regolare e quello dei mercenari, hanno reso la capitale una ghost town come dicono qui», ci spiega una delle fonti.
«La cosa peggiore è che sono rimasti in Sudan i più poveri e non hanno medicinali nè cibo.
Migliaia di persone che non potevano permettersi il viaggio (sebbene solo con bus e mezzi di fortuna) per andare via e passare il confine con l’Egitto o il Sud Sudan, oppure quelle troppo malate o troppo fragili per rischiare di affrontare una simile traversata», dice.
In urgente bisogno di assistenza umanitaria restano 25 milioni di persone, dice l’Onu.
La gran parte dei dislocati interni si trova nei campi allestiti nel River Nile, Sud e East Darfur, Aj Jazirah e Nord Darfur.
Circa 1,1 milioni di persone invece sono riuscite a varcare le frontiere per raggiungere il Centrafrica, il Ciad, l’Egitto e il Sud Sudan, come ha accertato l’Unhcr.
Militarmente, quella che doveva essere, da previsioni errate dei due generali (Hemedti e al-Burhan), una guerra lampo, si è trasformata in una guerra permanente: nelle strade soldati e paramilitari si confrontano a colpi di mortaio, missili e droni.
«Le armi arrivano in gran parte dai Paesi del Golfo», raccontano le fonti.
Ancora più tristemente giunge notizia di bambini-soldato:
«Abbiamo notizia di ragazzini anche molto giovani, parliamo di bambini di 12-13 anni, arruolati dai paramilitari», dice ancora la fonte.
Si tratta dell’estremo tentativo di rimpolpare le fila delle Rapid Support Froces di Hemedti, oramai colpite, ma che ancora combattono, ci racconta la fonte.
Lo scenario è raccapricciante: chi può scappa, ed è già fuggito da mesi, mentre dentro il Paese i più poveri tra i poveri soccombono o combattono.
«I mercenari offrono soldi a chi combatte e quindi si arruola proprio chi non ha più niente».
In ogni caso si soffre ovunque la fame: «le scorte di cibo del Programma Alimentare Mondiale entrano con il contagocce, quello che entra costa moltissimo – dice la fonte – Viene requisito dai paramilitari e alla gente comune arrivano le briciole, a prezzi da mercato nero. Si soffre la fame».
La guerra adesso si è completamente spostata anche in altre regioni ad Ovest: svuotata Khartoum, i mercenari hanno raggiunto le loro zone. La conquista territoriale adesso è verso la regione del Darfur, dove ha assunto caratteristiche di genocidio.